Solidarietà interreligiosa
A cura del Dott. Nico Naumann, ginecologo presso l’Aventino Medical Group, Roma Una vocazione medica al servizio delle donne In qualità di medico specializzato in problematiche di fertilità, nel corso della mia carriera ho deciso di mettere la mia esperienza a disposizione di donne e bambini nei paesi in via di sviluppo. Il mio lavoro con diverse ONG mi ha portato in Etiopia e in Sierra Leone come ginecologo e ostetrico, oltre ad assistere pazienti a Roma fornendo cure ginecologiche essenziali. Ho trattato casi che andavano dall’HIV in donne in gravidanza alla tubercolosi causa d’infertilità, fino a vittime di mutilazioni genitali femminili, sia in Italia che all’estero. Destinazione Libano: una chiamata naturale Non mi ha quindi sorpreso quando un collega mi ha chiesto di unirmi all’ONG italiana Second Generation Aid (SGA), attiva in Libano, per sostenere i loro sforzi in questo paese complesso ma affascinante, situato proprio nel cuore del turbolento Levante. Crisi continua, bisogno costante Considerate le crisi politiche apparentemente senza fine in Libano e la continua pressione proveniente dalle ostilità dei paesi vicini, la popolazione libanese ha un disperato bisogno di assistenza medica, medici specializzati e farmaci. La nostra missione prevedeva visite mediche, consulenze ai pazienti e distribuzione di medicinali attraverso una rete di monasteri e scuole. Ero impaziente di partire per questa parte del mondo così intrigante e di fare la mia parte per contribuire agli sforzi umanitari. In viaggio: una missione sostenuta dalla logistica e dall’impegno Così lo scorso aprile sono partito da Roma con una squadra di medici, tra cui un oculista, un dermatologo, un farmacista e un fisioterapista, diretti a Beirut per conto di Second Generation Aid. Ad accoglierci c’era George, il nostro autista, che è stato anche la nostra guida e guardia del corpo durante tutta la missione. La prima tappa è stata il Santuario di San Charbel, patrono del Libano. Due giorni dopo siamo saliti a nord, in una scuola gestita da suore cattoliche, e così via, cambiando località ogni due o tre giorni e visitando ogni volta da 40 a 60 pazienti. SGA aveva fatto arrivare in anticipo medicinali e strumenti essenziali come un’ecografia portatile, grazie al coordinamento con il ramo italiano dell’UNIFIL, il contingente ONU operativo nella zona cuscinetto tra Israele e Libano. Un paese diviso, un popolo da curare È noto che il Libano è un crogiolo ricco di popoli provenienti da ogni estrazione sociale: una moltitudine di religioni, sette e classi convivono nel suo territorio. Purtroppo, questa straordinaria diversità è spesso messa in ombra da chi detiene o ambisce al potere e cerca di dividere questo caleidoscopio umano in fazioni in guerra, per meri giochi politici. Per noi operatori sul campo, ogni persona merita dignità e cure. Oltre le fedi: la forza della solidarietà locale Ci siamo affidati alla comunità cristiana libanese – in particolare alle chiese maronita e cattolica – per raggiungere i pazienti da visitare. Hanno percorso il territorio portandoci persone di ogni confessione: sciiti, sunniti, ortodossi, protestanti, drusi e alawiti. È stata una dimostrazione concreta del ricco mosaico del popolo libanese – e della nostra umanità condivisa – di come guerre, turbolenze e conflitti colpiscano tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla religione. Medicina sul campo: quando i sintomi riflettono la minaccia costante Come ginecologo, ho visitato pazienti con disturbi e malattie molto diversi: da problemi digestivi e coliti, a irregolarità mestruali e infertilità, da malattie della pelle a patologie del sistema circolatorio, fino a giovani con ipertensione. Ma ciò che avevano in comune erano gli effetti fisici di una vita vissuta sotto la costante minaccia dei bombardamenti e della morte. Ascoltare per curare: trattare più del corpo Un ulteriore peso psicologico era rappresentato dalla preoccupazione per i propri figli. Il nostro team era preparato ad ascoltare con attenzione, per dimostrare a queste persone che non erano state dimenticate. Una lezione dal Libano: la convivenza è possibile Ciò che mi ha colpito di più nella mia esperienza attraverso il Libano, osservando questo intreccio di etnie e vissuti che si incontrano (compresi i più recenti rifugiati palestinesi e siriani), è stato il senso profondo della capacità della popolazione di vivere pacificamente insieme. Fede e accoglienza nella pratica quotidiana In più occasioni ho incontrato musulmani che si integravano attivamente in una comunità cristiana dominante – e viceversa. Molti religiosi mi hanno confermato con orgoglio la loro determinazione a tenere le porte aperte ai più bisognosi. Alcuni di loro visitavano regolarmente campi profughi siriani per offrire supporto materiale ed emotivo. Un faro al confine: la scuola di suor Beatrice Un cenno speciale va alla scuola nel nord, al confine con la Siria. Fondata e gestita da suore cattoliche sotto la guida carismatica di suor Beatrice, originaria di Cipro, la scuola è nata negli anni ’80, inizialmente affittando alcune stanze per fare lezione. Oggi accoglie circa 500 bambini, dall’asilo ai 15 anni, con insegnamento in arabo, inglese e francese. Inoltre, ospita 50 bambini con disabilità, che imparano anche a cucinare, coltivare l’orto e diventare autonomi. Ripartire con gratitudine, tornare con uno scopo Alla fine della missione ho sentito che i nostri sforzi erano stati accolti con gratitudine, e sono tornato a Roma sapendo di aver alleviato, almeno per un po’, la sofferenza di alcune persone. Ma per ogni paziente che abbiamo assistito, sapevo che ce n’era un altro che avrebbe avuto bisogno di un intervento chirurgico in un moderno ospedale, cosa non disponibile per molti di loro. Un impegno rinnovato dalla speranza dei genitori Intendo continuare a fare volontariato con Second Generation Aid, con l’obiettivo di tornare due o tre volte l’anno, risorse permettendo. Avere ricevuto la chiamata per aiutare in Libano è stato un grande onore, ma sono stati quei genitori – o futuri genitori – che, nonostante tutto, guardano con speranza alla crescita dei propri figli e a un futuro di pace per sé, le loro famiglie e il loro paese, a donarmi un profondo senso di fiducia nel futuro.