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Prevenzione ginecologica: un appuntamento da non rimandare

Autore: A cura della Dott.ssa Giorgia Soreca, Ginecologia presso l’Aventino Medical Group, Roma La prevenzione come investimento sulla salute La salute ginecologica non riguarda solo la cura dei disturbi, ma soprattutto la prevenzione. Controlli regolari e screening mirati permettono di diagnosticare precocemente infezioni, lesioni e tumori, aumentando le possibilità di guarigione e riducendo la necessità di trattamenti invasivi. L’autunno, con i suoi ritmi più regolari, è il momento ideale per inserire una visita ginecologica nell’agenda personale. 20–30 anni: costruire le basi della prevenzione In questa fascia d’età, l’obiettivo è prevenire le infezioni e proteggere la fertilità futura. Questi anni sono fondamentali per impostare uno stile di vita sano e una consapevolezza ginecologica che accompagnerà le scelte future. 30–40 anni: equilibrare lavoro, famiglia e salute È il decennio delle grandi sfide: lavoro, maternità, gestione del tempo. Ma la prevenzione non va mai messa da parte. 40–50 anni: transizione e nuovi controlli In questa fase la prevenzione si amplia, perché il corpo comincia a cambiare. Questo è il momento per non trascurare i controlli, perché la diagnosi precoce resta la chiave di ogni strategia di salute. Over 50: protezione a lungo termine Con la menopausa, il rischio di alcune patologie cambia, ma la prevenzione resta cruciale. FAQ – Le domande più frequenti sulla prevenzione ginecologica Ogni quanto devo fare il Pap test? Le linee guida attuali consigliano: Controlli annuali non aumentano la protezione, ma possono generare falsi positivi e ansia. Tuttavia, se ci sono fattori di rischio (immunodepressione, rapporti sessuali non protetti, partner multipli, familiarità per tumori) è indicato anticipare i controlli. Dopo la menopausa servono ancora visite ginecologiche? Sì. Anche se la fertilità è conclusa, la salute ginecologica resta importante. È utile monitorare la comparsa di sintomi come secchezza, dolore nei rapporti, incontinenza o prolasso, oltre a proseguire con la prevenzione oncologica fino a 64 anni. Il vaccino HPV è utile anche in età adulta? Sì. Sebbene sia più efficace se fatto in adolescenza, può avere benefici anche dopo i 26 anni, in situazioni cliniche selezionate. Aiuta a ridurre il rischio di infezioni persistenti e di lesioni precancerose. È normale avere cicli irregolari dopo i 40 anni? Può essere legato alla perimenopausa, una fase di transizione in cui gli ormoni oscillano e i cicli diventano meno regolari. Tuttavia, un ciclo irregolare può anche nascondere altre condizioni (fibromi, polipi, disfunzioni ormonali) che meritano approfondimento. Un punto di riferimento a Roma All’Aventino Medical Group, poliambulatorio nel cuore di Roma, ogni donna trova un percorso di prevenzione su misura, con specialisti che parlano inglese e altre lingue. Questo permette di creare un rapporto di fiducia basato sulla chiarezza, la comprensione e la professionalità. Che si tratti di giovani donne, madri impegnate o pazienti in menopausa, la prevenzione è sempre costruita insieme. Conclusione La prevenzione ginecologica cambia con l’età, ma resta sempre un appuntamento da non rimandare. Dalla protezione contro l’HPV alla gestione della menopausa, ogni fase della vita ha controlli e strategie dedicate. 👉 Prenota la tua visita ginecologica presso l’Aventino Medical Group a Roma e costruisci con noi il percorso di prevenzione più adatto a te.

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Ansia stagionale: trasformarla in energia

A cura della Dott.ssa Corinne Perisse, Medico Psicoterapeuta presso l’Aventino Medical Group, Roma Quando il cambio di stagione diventa un peso Il passaggio dall’estate all’autunno non è solo un fatto climatico: comporta cambiamenti nei ritmi quotidiani, nella luce e nell’umore. È comune sentirsi più stanchi, irritabili o privi di motivazione. Per alcuni, questi sintomi si limitano a qualche giorno; per altri, possono diventare un vero e proprio disturbo, influenzando concentrazione, relazioni e qualità del sonno. Uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders mostra come i disturbi legati ai cambi stagionali possano interessare fino al 10-15% della popolazione, con una maggiore incidenza nei mesi autunnali e invernali. I sintomi da non sottovalutare La psicoterapeuta ricorda che i segnali principali dell’ansia stagionale possono includere: Se ignorati, questi sintomi possono consolidarsi e influire sul benessere psicologico a lungo termine. Piccole strategie quotidiane La prevenzione parte da gesti semplici e accessibili: Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo stile di vita gioca un ruolo chiave nella prevenzione e gestione dei disturbi d’ansia. Quando chiedere aiuto Non sempre le strategie personali bastano. Se i sintomi persistono o peggiorano, può essere utile rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta. Il supporto professionale permette di comprendere le cause profonde dell’ansia stagionale e di sviluppare strumenti personalizzati per affrontarla. “La terapia non serve solo a risolvere il disagio,” spiega la psicoterapeuta, “ma anche a trasformarlo in risorsa: imparare a gestire l’ansia può diventare l’occasione per sviluppare nuove energie e motivazioni.” Conclusione L’ansia stagionale non è un segno di debolezza, ma una risposta naturale del corpo e della mente al cambiamento. Riconoscerla è il primo passo per non subirla. Con piccole strategie quotidiane e, se necessario, un sostegno psicologico, è possibile trasformare la fatica del cambiamento in energia positiva. 👉 Prenota un colloquio con uno psicoterapeuta dell’Aventino Medical Group a Roma e affronta il cambio di stagione con strumenti pratici ed efficaci.

chirurgia meglio affrontare che rimandare
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Chirurgia: meglio affrontare che rimandare

A cura del Dott. Matteo Gregori, Chirurgo Generale presso l’Aventino Medical Group, Roma Quando il tempo sembra non bastare mai Anna ha 42 anni, un lavoro a tempo pieno e due figli adolescenti. Da mesi convive con un piccolo rigonfiamento all’inguine, fastidioso soprattutto la sera, che il medico ha identificato come ernia. “Non ho tempo per un intervento”, pensa ogni volta. Così, tra riunioni, spesa e impegni scolastici, decide di rimandare. Un giorno, mentre solleva una busta della spesa, avverte un dolore acuto. La tumefazione che fino al giorno prima si riduceva facilmente, adesso le fa male e non accenna a rientrare. È costretta a recarsi in pronto soccorso: l’ernia si è complicata e richiede un intervento urgente. Da procedura semplice e programmabile, la situazione si è trasformata in un’operazione più lunga e stressante, con una convalescenza forzata che interrompe del tutto la sua routine. Questa storia non è rara. Secondo il British Journal of Surgery, circa il 30% dei pazienti che rimandano interventi minori finiscono per affrontarli in urgenza, con un rischio di complicazioni triplicato. Piccoli interventi che cambiano la vita La chirurgia generale comprende procedure che, se affrontate tempestivamente, hanno un recupero rapido e riducono enormemente i rischi futuri, soprattutto con l’approccio miniinvasivo, laparoscopico o robotico. Tra le più comuni troviamo: Secondo l’American College of Surgeons, i piccoli interventi programmati hanno un decorso senza complicazioni nell’80% dei casi, mentre affrontati in emergenza il rischio cresce di oltre tre volte. L’autunno: il momento giusto per agire Settembre e ottobre segnano un nuovo inizio dopo l’estate. È il momento in cui si riprende la routine lavorativa e scolastica, ma anche quello ideale per dedicarsi alla salute. Le temperature più miti favoriscono il recupero post-operatorio e permettono di pianificare con serenità eventuali giornate di convalescenza. Uno studio pubblicato su Annali Italiani di Chirurgia mostra che i pazienti che scelgono di affrontare tempestivamente un intervento vivono con minore ansia e tornano più rapidamente alle loro attività quotidiane. Al contrario, chi rimanda spesso convive per mesi con dolore, preoccupazione e limitazioni nella vita sociale e lavorativa. Non è solo una questione di medicina, ma di qualità della vita Rimandare significa vivere con il pensiero costante di un problema irrisolto. Piccoli gesti quotidiani – come salire le scale, fare sport o sollevare i figli – diventano fonte di preoccupazione. Affrontare un intervento oggi, invece, significa liberarsi da questa ansia e tornare a una vita piena, senza limitazioni. La chirurgia preventiva è parte integrante della medicina moderna: non serve solo a curare, ma anche ad evitare complicazioni più gravi. È un investimento sulla salute, sul tempo e sulla serenità. Conclusione: meglio oggi che domani La storia di Anna insegna che rimandare non sempre è la scelta più sicura. Con l’aiuto di un chirurgo esperto, molti piccoli interventi possono essere affrontati con rapidità, sicurezza e convalescenze brevi. 👉 Prenota una consulenza con il chirurgo generale dell’Aventino Medical Group a Roma: insieme potrete valutare il percorso migliore, per trasformare una preoccupazione in una soluzione concreta.

malattie autoimmuni del sistema nervoso
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Malattie autoimmuni del sistema nervoso: quando i piccoli segnali non vanno ignorati

A cura della Dott.ssa Eleonora Galosi, Neurologa presso l’Aventino Medical Group, Roma Comprendere l’inizio subdolo delle malattie autoimmuni neurologiche “Spesso le malattie autoimmuni del sistema nervoso iniziano in modo subdolo,” spiega la neurologa. Si presentano con disturbi lievi, difficili da interpretare: stanchezza persistente, debolezza muscolare, formicolii, minime difficoltà di coordinazione, disturbi dell’equilibro, impaccio nei movimenti. Sintomi spesso sottovalutati o attribuiti allo stress. Eppure, queste manifestazioni possono essere i primi segnali di patologie autoimmuni neurologiche, come la sclerosi multipla, encefalomieliti e neuropatie autoimmuni. Riconoscerli tempestivamente consente di attivare trattamenti efficaci e prevenire la progressione della malattia. Che cosa sono le malattie autoimmuni del sistema nervoso? Le malattie autoimmuni neurologiche sono condizioni in cui il sistema immunitario aggredisce erroneamente le cellule nervose o le loro guaine protettive (mielina). Il risultato è un processo infiammatorio acuto o cronico che compromette la trasmissione del segnale nervoso a diversi livelli, dando origine a una varietà di sintomi neurologici. Le più note sono la sclerosi multipla, la neuromielite ottica, la sindrome di Guillain-Barré e la miastenia gravis. Ogni patologia ha un decorso differente e può colpire soggetti di età e profili clinici diversi, inclusi giovani adulti. L’importanza della diagnosi precoce Una diagnosi tempestiva è il primo strumento per contenere i danni neurologici e migliorare la qualità della vita. I protocolli diagnostici si basano su un’accurata valutazione clinica, risonanza magnetica cerebrale, test neurofisiologici e, talora, procedure più invasive come l’analisi del liquido cerebrospinale mediante rachicentesi. Intervenire nelle fasi iniziali consente di ridurre le ricadute, rallentare la progressione e personalizzare la terapia. È fondamentale rivolgersi a centri specializzati con neurologi esperti, capaci di riconoscere anche le forme meno evidenti della malattia. È fondamentale rivolgersi a centri specializzati, dove un approccio multidisciplinare integrato permette di affrontare queste patologie complesse con la massima sicurezza e coerenza delle cure. Terapie attuali e nuove frontiere Oggi le terapie per le malattie autoimmuni neurologiche comprendono farmaci immunomodulanti o immunosoppressori, corticosteroidi, anticorpi monoclonali e trattamenti sintomatici di supporto. La scelta terapeutica dipende dalla diagnosi, dallo stadio della malattia e dalle caratteristiche del paziente. Negli ultimi anni la ricerca ha aperto nuove frontiere: farmaci più selettivi, trattamenti personalizzati basati su marcatori immunologici, nonché approcci di medicina rigenerativa. Anche la riabilitazione neurologica gioca un ruolo fondamentale nel migliorare la funzionalità residua e l’autonomia del paziente. Vivere con una malattia autoimmune neurologica Affrontare una diagnosi di malattia autoimmune neurologica significa riorganizzare la propria quotidianità. Il supporto psicologico, la gestione dello stress, una dieta equilibrata e l’attività fisica mirata possono contribuire a mantenere un buon equilibrio psico-fisico. La presa in carico multidisciplinare – neurologo, fisioterapista, psicologo, nutrizionista – è oggi considerata parte integrante della terapia. Anche il contesto familiare e sociale ha un ruolo importante: conoscere la malattia aiuta a fronteggiarla con maggiore serenità. Conclusione Individuare precocemente questi disturbi apre la strada a percorsi di cura più mirati e a prospettive di vita migliori. Continuare a informarsi, confrontarsi con specialisti e restare attenti ai segnali del proprio corpo significa tenere aperta la possibilità di gestire la malattia in modo sempre più efficace. Prenditi cura del tuo sistema nervosoRivolgiti a specialisti qualificati per un percorso di salute personalizzato e multidisciplinare.

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L’infermiere a domicilio: un ruolo essenziale per i pazienti con malattie autoimmuni a Roma

A cura del Dott. Nicola Verdirame, Infermiere presso l’Aventino Medical Group, Roma. Introduzione: un servizio concreto per bisogni complessi Le malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico e sclerosi multipla, richiedono cure continuative e procedure anche delicate. L’assistenza infermieristica a domicilio, che svolgo per l’Aventino Medical Group a Roma, è pensata per garantire ai pazienti un supporto tecnico qualificato direttamente a casa. L’obiettivo è semplificare la gestione delle terapie, ridurre la necessità di spostamenti e assicurare la continuità delle cure nel rispetto delle indicazioni mediche. Servizi infermieristici a domicilio: interventi completi e accurati Dal trattamento ordinario alle procedure più specialistiche L’attività quotidiana comprende infusioni, somministrazioni di terapie biologiche, prelievi, medicazioni avanzate e gestione di cateteri. Tutti gli interventi vengono effettuati seguendo le indicazioni dei medici dell’Aventino Medical Group e le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’OMS. Offrire queste prestazioni a domicilio permette di risparmiare tempo, ridurre lo stress degli spostamenti e mantenere una continuità terapeutica anche in situazioni cliniche complesse. Coordinamento con gli specialisti coinvolti Lavoro di équipe quando necessario Quando il quadro clinico lo richiede, l’attività infermieristica a domicilio viene integrata con le indicazioni dei diversi specialisti che seguono il paziente: reumatologi, neurologi, internisti e altri professionisti del nostro poliambulatorio. Questo coordinamento consente di eseguire ogni procedura in modo conforme al piano terapeutico e di garantire la massima sicurezza e coerenza delle cure. L’infermiere come formatore del caregiver L’efficacia di questa figura si manifesta pienamente nella sua capacità di trasferire conoscenze e abilità pratiche al caregiver. L’infermiere insegna al familiare a: Questo processo di formazione non solo solleva il caregiver da un carico emotivo e pratico, ma lo rende anche un partecipante attivo e consapevole nel percorso di cura. Il caregiver, sentendosi più competente e sicuro, può fornire un’assistenza di qualità superiore, contribuendo significativamente al benessere e alla qualità della vita del paziente. L’infermiere a domicilio diventa così un punto di riferimento, un alleato prezioso per l’intera famiglia, garantendo una continuità assistenziale che va oltre la semplice prestazione professionale. Un servizio che rende più agevole la gestione della malattia Competenza tecnica al centro dell’assistenza L’assistenza a domicilio non si limita a evitare spostamenti: è una modalità organizzativa che consente di ricevere cure specialistiche in tempi rapidi e nel pieno rispetto delle prescrizioni mediche. Interventi tecnici eseguiti con attenzione e precisione contribuiscono a rendere la gestione delle patologie autoimmuni più semplice e più sicura per i pazienti e per le loro famiglie. Conclusione L’assistenza infermieristica a domicilio rappresenta un supporto fondamentale per chi deve affrontare terapie complesse e continuative. Attraverso il mio lavoro per l’Aventino Medical Group è possibile ricevere prestazioni qualificate, comprese quelle più delicate, direttamente presso la propria abitazione, in coordinamento con gli specialisti coinvolti nella cura. 👉 Prenota un servizio infermieristico a domicilio per valutare insieme il percorso più adatto alle tue esigenze.

malattie reumatologice autoimmuni
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Malattie reumatologiche autoimmuni: comprendere e affrontare una sfida complessa

A cura del Dott. Pier Giacomo Cerasuolo, Reumatologo presso l’Aventino Medical Group, Roma Le malattie reumatologiche autoimmuni rappresentano una delle sfide più complesse della pratica clinica moderna. Sono condizioni in cui il sistema immunitario, alterando i meccanismi di riconoscimento del “self”, attacca tessuti sani provocando infiammazione cronica e potenziali danni permanenti. Le articolazioni sono spesso coinvolte, ma non è raro osservare anche manifestazioni cutanee, neurologiche o interessamento di organi interni. La diagnosi precoce e un trattamento mirato possono oggi modificare in modo significativo la storia naturale di queste patologie, preservando la funzionalità articolare e migliorando la qualità di vita. Un caso che aiuta a capire: artrite reumatoide in fase iniziale Qualche tempo fa ho seguito una giovane donna, che qui chiamerò Laura, di 35 anni. Si presentava con dolori e tumefazioni alle piccole articolazioni delle mani, rigidità mattutina della durata superiore a un’ora e una stanchezza profonda che comprometteva la sua routine quotidiana. Gli esami di laboratorio mostravano positività per il fattore reumatoide e per gli anticorpi anti-CCP, associati a indici infiammatori elevati. Abbiamo avviato rapidamente una terapia con un DMARD convenzionale (Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs, farmaci antireumatici modificanti la malattia), integrata da un programma di fisioterapia dolce e da consigli alimentari mirati a ridurre l’infiammazione sistemica. Dopo pochi mesi, i controlli hanno evidenziato una remissione clinica: la tumefazione articolare si era risolta e Laura aveva ripreso la sua attività lavorativa e le sue passioni quotidiane, dimostrando quanto sia cruciale non ignorare i primi sintomi, anche se aspecifici. Un’altra prospettiva: lupus eritematoso sistemico Un altro caso significativo riguarda un uomo di 28 anni, che qui chiamerò Marco, giunto all’osservazione per febbricola persistente, dolori articolari migranti e comparsa di un eritema a farfalla sul volto dopo esposizione solare. Gli esami ematochimici hanno evidenziato positività per anticorpi anti-nucleo (ANA) e anti-DNA nativo, oltre a una riduzione del complemento sierico. In questo caso, oltre al controllo dei sintomi articolari, era essenziale prevenire il coinvolgimento di possibili organi bersaglio come reni e cuore. È stato impostato un trattamento con antimalarici di sintesi, corticosteroidi a basso dosaggio e, successivamente, un’immunosoppressione mirata con farmaci biotecnologici. L’approccio multidisciplinare con nefrologo e dermatologo ha permesso di stabilizzare il quadro clinico e di prevenire complicanze gravi, consentendo a Marco di proseguire gli studi universitari con una malattia sotto controllo. Caratteristiche comuni e inquadramento diagnostico L’artrite reumatoide e il lupus rappresentano solo due esempi di malattie reumatologiche autoimmuni. Altri quadri comprendono sclerodermia, sindrome di Sjögren e spondiloartriti. Queste patologie condividono l’importanza di un inquadramento clinico attento, che integri i sintomi riferiti dal paziente, i segni obiettivi rilevati alla visita e gli esami di supporto: markers infiammatori, autoanticorpi specifici, imaging avanzato. Identificare precocemente l’attività di malattia è determinante per intervenire prima che si instaurino danni irreversibili. Terapie innovative e approccio integrato La terapia reumatologica è oggi orientata verso il principio del “treat to target”: stabilire un obiettivo terapeutico (remissione o bassa attività di malattia) e monitorare costantemente i risultati, adattando la terapia in base alla risposta. I DMARDs convenzionali, le nuove molecole biologiche e le small molecules hanno ampliato le opzioni di trattamento, consentendo di personalizzare l’approccio in base alle caratteristiche del paziente e della patologia. A ciò si affiancano interventi non farmacologici fondamentali: programmi di esercizio fisico adattato, supporto nutrizionale per ridurre l’infiammazione sistemica, counseling psicologico per affrontare lo stress cronico che spesso accompagna queste condizioni. Prospettive attuali e qualità della vita  L’esperienza clinica conferma quanto sia essenziale un percorso di cura condiviso, con rivalutazioni periodiche e dialogo costante tra medico e paziente. Le linee guida internazionali sottolineano l’importanza di un approccio multidisciplinare, che valorizzi tutte le dimensioni della persona e non solo la patologia. Oggi, grazie ai progressi della ricerca e alle terapie mirate, molte persone con malattie reumatologiche autoimmuni conducono una vita attiva e autonoma. La sfida resta impegnativa, ma le prospettive sono nettamente migliorate rispetto al passato. ✨ Se convivete con una malattia reumatologica o sospettate di poterne avere i primi sintomi, parlarne con uno specialista può fare la differenza. Presso l’Aventino Medical Group, il nostro approccio multidisciplinare mira a un percorso di cura attento e personalizzato.

il ruolo dell'allergologa
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Il ruolo dell’allergologa immunologa nelle malattie autoimmuni

A cura della Dott.ssa Megon Bresciani, Allergologa Immunologa presso l’Aventino Medical Group, Roma. Comprendere il sistema immunitario e le sue deviazioni Le malattie autoimmuni rappresentano un ambito complesso e affascinante della medicina moderna. In queste circostanze, il sistema immunitario – normalmente deputato a difendere l’organismo da virus, batteri e altre minacce esterne – commette un errore di identificazione e attacca tessuti sani. Questo fenomeno, noto come perdita della tolleranza immunologica, è alla base di patologie diffuse come il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide e la tiroidite di Hashimoto. Studi pubblicati su riviste di riferimento internazionale, tra cui The Lancet e Nature Reviews Immunology, dimostrano che una diagnosi tempestiva e mirata può rallentare significativamente la progressione della malattia. L’allergologa immunologa svolge un ruolo chiave nell’individuare queste alterazioni immunitarie e nell’impostare un percorso diagnostico accurato, in stretta collaborazione con altre figure specialistiche. Diagnosi precoce e marcatori immunologici Un aspetto cruciale nella gestione delle malattie autoimmuni è l’identificazione di biomarcatori specifici che segnalino un’alterazione della risposta immunitaria. Tali marcatori, rilevabili attraverso esami del sangue mirati o immagini radiologiche, consentono di intervenire prima che il danno ai tessuti diventi irreversibile. L’allergologa immunologa, a secondo dei distretti interessati dalla patologia autoimmune, lavora fianco a fianco di reumatologi, dermatologi, endocrinologi, neurologi e anche nutrizionisti il cui coinvolgimento è raccomandabile nella gestione dell’infiammazione. Disporre di queste competenze all’interno di un unico centro facilita la diagnosi mentre una valutazione condivisa e multidisciplinare favorisce terapie efficaci e all’avanguardia.  Approcci terapeutici e personalizzazione delle cure Una volta individuati i meccanismi immunitari coinvolti, l’obiettivo diventa modulare in modo mirato la risposta del sistema immunitario. Le opzioni comprendono farmaci immunosoppressori, terapie biologiche di nuova generazione e protocolli innovativi validati da studi clinici. L’allergologa immunologa prende inoltre in considerazione eventuali comorbilità allergiche, come riniti o dermatiti, che possono complicare il quadro clinico e richiedere interventi aggiuntivi. Ridurre l’infiammazione, preservare la funzionalità degli organi e migliorare la qualità di vita del paziente rappresentano traguardi concreti di questo lavoro integrato. Conclusioni Il ruolo dell’allergologa immunologa nelle malattie autoimmuni è quindi centrale: non solo nell’inquadrare correttamente la patologia, ma anche nel coordinare l’apporto di più specialisti per definire strategie terapeutiche personalizzate e prevenire danni futuri. Affidarsi a professionisti esperti e a un team multidisciplinare significa garantire una gestione completa, sempre aggiornata alle evidenze scientifiche più recenti. Scopri di più sulla nostra pagina dedicata all’Allergologia dell’Aventino Medical Group

alimentazione e malattie reumatiche
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Alimentazione e Malattie Reumatiche: nutrizione strategica per ridurre l’infiammazione

A cura della Prof.ssa Manon Khazrai, nutrizionista presso l’Aventino Medical Group, Roma Introduzione: il ruolo della dieta nelle patologie reumatiche Le malattie reumatiche sono condizioni cronico‑infiammatorie che interessano articolazioni, muscoli e tessuti connettivi. Accanto alle terapie farmacologiche, numerosi studi evidenziano come una corretta alimentazione possa contribuire a modulare i processi infiammatori e a migliorare il quadro clinico complessivo.  Un regime alimentare equilibrato e ben strutturato aiuta a sostenere le terapie, a preservare la funzionalità articolare e a favorire uno stato nutrizionale ottimale. Dieta mediterranea e gestione dell’infiammazione Tra i modelli alimentari più indicati per i pazienti affetti da patologie reumatiche, la dieta mediterranea risulta essere uno dei più efficaci. Caratterizzata da un ampio consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, pesce azzurro e olio extravergine di oliva, questa dieta è associata a una riduzione dei marker infiammatori e a un miglioramento della qualità di vita.  L’adozione di questo schema alimentare, in associazione alle cure mediche, può contribuire a ridurre rigidità articolare, dolore e sintomi sistemici, promuovendo al contempo una migliore risposta alle terapie. Nutrienti chiave per il paziente reumatico Alcuni nutrienti svolgono un ruolo particolarmente utile nelle patologie reumatiche.  Le fibre contenute in frutta, verdura e cereali integrali favoriscono l’equilibrio intestinale e contribuiscono a ridurre l’infiammazione.  Gli antiossidanti presenti nei vegetali colorati e nella frutta, aiutano a contrastare lo stress ossidativo e  proteggono i tessuti.  Gli omega‑3, contenuti nel pesce azzurro o in alcuni integratori, modulano le risposte infiammatorie e possono migliorare la sintomatologia dolorosa. Linee guida generali Per favorire la salute articolare e il benessere generale si consiglia di: ● privilegiare alimenti freschi e poco processati;● aumentare il consumo di legumi, frutta secca e olio extravergine di oliva;● limitare zuccheri semplici, grassi saturi e prodotti ultraprocessati. Queste scelte alimentari, se mantenute nel tempo, possono offrire benefici concreti in termini di riduzione dell’infiammazione e miglioramento della qualità di vita. Conclusione e invito Una corretta alimentazione rappresenta un supporto fondamentale per chi convive con una malattia reumatica. Non sostituisce le terapie farmacologiche, ma le affianca in modo sinergico, contribuendo a ridurre l’infiammazione e a migliorare la risposta terapeutica.   Per ricevere indicazioni più dettagliate e un piano alimentare adeguato alle proprie condizioni cliniche è possibile richiedere una consulenza nutrizionale presso l’Aventino Medical Group a Roma. 👉 Prenota una visita nutrizionale per approfondire questo percorso.

affrontare una malattia reumatica
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Affrontare una malattia reumatica: perché il supporto psicologico è fondamentale

Di Dr. John Lawrence Dennis, Psicologo – Aventino Medical Group, Roma Più della sola sofferenza fisica Quando incontro una persona a cui è stata appena diagnosticata una malattia reumatica, vedo spesso molto più del dolore fisico. Sta avvenendo un cambiamento profondo: un peso invisibile che si posa mentre inizia a immaginare un futuro diverso. Non si tratta solo di sintomi o di piani terapeutici. Si tratta di identità, relazioni, abitudini quotidiane e di un orizzonte incerto. L’impatto emotivo di una diagnosi Come psicologo, ho imparato quanto profondamente una diagnosi possa scuotere una persona. Può portare sollievo — finalmente si comprende cosa stava accadendo — ma anche paura, tristezza e ansia. Questo insieme di emozioni è del tutto umano. Ed è proprio per questo che il supporto psicologico dovrebbe far parte del percorso di cura fin dall’inizio. Creare uno spazio per elaborare le emozioni Nel mio lavoro aiuto le persone a trovare uno spazio in cui esprimere queste emozioni. Parlare apertamente, senza giudizio, può prevenire che il disagio emotivo prenda il sopravvento in silenzio. È anche il primo passo per recuperare un senso di controllo sulla propria vita. Costruire strategie di coping Insieme sviluppiamo strategie di coping realistiche e adatte alla vita di ciascuno. Tecniche di gestione dello stress, ristrutturazione cognitiva, mindfulness, e persino attività semplici come scrivere un diario o riscoprire momenti di gioia: questi piccoli strumenti, nel tempo, costruiscono resilienza. Strumenti pratici che aiutano Ecco alcune delle pratiche che propongo spesso: Salute emotiva e fisica sono intrecciate Vorrei che tutti sapessero questo: la salute emotiva e quella fisica non sono separate. Quando ci prendiamo cura dell’una, influenziamo anche l’altra. Lo stress cronico può peggiorare l’infiammazione e il dolore. La depressione può rendere più difficile seguire le cure. Ma con il giusto supporto, spesso le persone diventano più motivate, più consapevoli dei propri bisogni e più costanti nel seguire il trattamento. Un cammino verso la speranza e la guarigione Vivere con una malattia reumatica non è facile. Ma non significa vivere senza speranza o senza direzione. Il supporto psicologico non fa sparire la malattia, ma può trasformare il modo in cui la si affronta. Può aiutarti a sentirti di nuovo te stesso.E per me, questo è il vero significato di guarigione. 

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Lesione renale in Africa: come eseguire la dialisi e salvare vite senza mezzi né strutture dedicate

A cura del Dott. Stefano Picca, nefrologo presso l’Aventino Medical Group, Roma Quando i reni si ammalano e smettono di funzionare, la vita è in pericolo. Non tutte le malattie renali sono irreversibili (Malattia Renale Cronica – CKD). Quando la lesione renale è reversibile (Lesione Renale Acuta – AKI), spesso è necessario sostituire temporaneamente la funzione renale con la dialisi (depurazione del sangue) in attesa del recupero. La dialisi può essere effettuata prelevando il sangue da un vaso del paziente e facendolo passare in una macchina che lo “pulisce” (emodialisi) oppure attraverso un catetere posizionato nell’addome tra le anse intestinali. L’addome viene periodicamente riempito e svuotato con una soluzione sterile che depura il sangue che circola nella cavità addominale (dialisi peritoneale – PD). Quest’ultima è più semplice da realizzare, comporta costi inferiori ed è la modalità di dialisi raccomandata nei Paesi a basso reddito. Un incontro determinante Nel 2013 ebbi l’occasione di incontrare, durante una conferenza, la professoressa Mignon McCulloch, responsabile del Dipartimento di Nefrologia Pediatrica del Red Cross Children’s Hospital di Città del Capo, Sudafrica. Dirigeva (e dirige tuttora) il più grande programma educativo per la diagnosi e la terapia della LRA pediatrica con dialisi in Africa. Io provenivo da un’esperienza maturata in un contesto “ad alta tecnologia” presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, circondato da macchinari sofisticati, apparecchi elettronici all’avanguardia e numerosi collaboratori specializzati. Rimasi semplicemente sbalordito quando ascoltai la domanda: «Come puoi salvare dalla morte un paziente con LRA quando non hai il materiale, né personale formato e pochissimo tempo a disposizione?» Mi sembrò la sfida più grande in assoluto. Con il suo patrocinio sono diventato Educational Ambassador dell’ISN e ho iniziato a recarmi in Paesi africani francofoni e anglofoni per insegnare la PD. L’iniziativa “Saving Young Lives” Questa attività di formazione rientra nell’iniziativa Saving Young Lives (SYL) dell’ISN. Consiste nell’adattare materiali non specifici alla PD e formare medici e infermieri inesperti alla sua applicazione. Ad esempio: Un’esperienza arricchente Circa 200 tra medici e infermieri sono stati formati durante la mia attività in Sudafrica, Costa d’Avorio, Senegal, Gabon, Algeria e Camerun.Al di fuori dell’Africa, sono stato invitato anche in Haiti e in India. Su un piano personale: ho avuto una lunga carriera, ricca di soddisfazioni, ma senza dubbio questa è stata la scelta più gratificante della mia intera vita lavorativa. Risultati I medici e gli infermieri formati dal programma SYL hanno trattato più di 500 pazienti utilizzando la PD, raggiungendo un tasso di sopravvivenza del 65%. «Un catetere può salvare una vita.»